Intervista a MAX STEFANI: 34 anni di MUCCHIO tra “critici sfigati”. E su SCANZI…

La video-intervista a Max Stefani

PAY TO PLAY: due promoter italiani parlano di PAGARE PER SUONARE. Cancro o opportunità?!

La video intervistona sul Pay to Play

Intervista di Francesco Bommartini

Video-Intervista ad Andrea boma BOCCARUSSO: dagli oltre 300 mila iscritti su YouTube al Live durante il release party dei Rammstein

di seguito la video intervista fatta con Andrea Boma Boccarusso, chitarrista ed insegnante di chitarra che su YouTube è molto seguito. Abbiamo parlato di youtuber che ama, creazione dei suoi video, insegnamento, chitarre preferite e molto molto altro…

CROWDEAD: recensione di MALPHAS e intervista per la band mantovana che unisce death e thrash metal

Recensione di Francesco Bommartini

MALPHAS dei Crowdead

Non ci vanno per il sottile i giovani mantovani Crowdead. E lo fanno capire fin da subito, con la possente Overload, che segue una breve intro che fa entrare nelle atmosfere metalliche del platter. Così come presto si capisce che l’amalgama di old school e new school è più tendente al secondo aspetto. Un tipo di concetto che non riguarda solo il sound, con un basso molto presente al pari degli axeman, ma proprio le scelte stilistiche. I ragazzi pestano, sì, ma apprezzano molto anche l’andazzo granitico, che si può respirare nel terzo brano Serpent Specter, che include però anche degli arpeggi distorti che donano al risultato un’aura minacciosa.

Un’atmosfera che trova contiguità nella successiva intro di Pray and Burn, prima che il pezzo torni soverchiato dal riffing incisivo di Matteo Usberti, e parta in una cavalcata thrashy. Ma sempre con quel sentore di Pantera che fa tanto, tanto bene. Sì, perché il riffing dei Crowdead non perde nella velocità lo spessore, complice la buona produzione ma anche una dinamicità che è sottolineata dal basso di Andrea Bissolati e dalla batteria di Stefano Bertozzi. Sempre degna di nota, poi, la prova vocale di Mike Pellegrino. Non un mezzo cedimento, una roccia su cui la band può contare.

I ragazzi si divertono, e si sente talmente tanto che anche chi apprezza il metallo in genere, senza eccessivi paraocchi, non potrà non notarlo, anche in pezzi un po’ meno incisivi (come la pur buona In Search of my Demon). Sintomo che la libertà interpretativa nell’affrontare il tema musicale può portare ottimi risultati la dà la quasi crossover Deadcrow, che incorpora un andamento hardcore che ben si sposa con il thrash di base. The Stepsister’s Deceit supera un altro piccolo esame: l’alternarsi di voce pulita e distorta. La voce funziona anche così!

Se Parasite Shame aggiunge solo una tastiera a quanto già sentito prima poco importa: i Crowdead sono freschi, il frutto Malphas è ideale per scapocciare anche nell’estate che si affaccia in quest’anno così impensabile…

LA MACCHINA MONGOLICA di MASSIMO ZAMBONI, tra Berlino, Cccp, Csi e retromarce guardando avanti, e ad est

Massimo Zamboni incarna gli anni ’90 e parte degli ’80 italiani. Lo fa da chitarrista di una delle formazioni più incendiarie, i CCCP, e della relativa bellissima continuazione come CSI. Oggi vive in mezzo al nulla, in una specie di buen retiro, sempre diviso tra musica e libri, tra Mongolia e Berlino…

intervista di Francesco Bommartini

Tu e tua moglie siete tornati in Mongolia a distanza di vent’anni. Che sensazioni hai provato e che differenze hai notato, se ci sono state? Stavolta c’era anche vostra figlia…

Ritornare in un luogo come la Mongolia porta con sé necessariamente un minor carico di sorpresa per la vastità dei luoghi, il silenzio, la minoranza umana, la sovrabbondanza animale. Ma porta anche conferme alle intuizioni assorbite venti anni prima, che ci hanno spinto in maniera ancor più determinata verso il vivere in montagna, con gli animali, le piante, accettando una serie di difficoltà e ritmi che – pur in scala infinitamente minore rispetto alla Mongolia – hanno determinato la nostra vita quotidiana. Accettare le stagioni, il clima, il silenzio, anzi, dipendere da questo; la genealogia familiare, il lavoro manuale, il valore da dare agli incontri… sono tutti insegnamenti che in quel primo viaggio hanno trovato fondamento. Ritornare con una figlia significa “osservare la sua osservazione”, farla nostra, rinnovando lo sguardo come se fosse ancora il primo.

Massimo Zamboni

La macchia mongolica si esplicita in tre diverse modalità: colonna sonora, libro, Film. Aldilà della modalità di fruizione ci sono discrepanze nel materiale previsto?

No, direi che è un lungo racconto svolto con differenti modalità che esprimono tutte gli stessi significati, nonostante i diversi approcci. L’abbandonarsi ai richiami, farli nostri, lasciare arrivare ciò che deve arrivare e farne tesoro. Accettare che la nostra identità sia mobile e inconosciuta e contemporaneamente ben salda, quasi non scalfibile. Questo ha significato per noi l’incontro con la macchia mongolica. Certo, l’album musicale chiede di chiudere gli occhi, il film di aprirli, il libro di ascoltare. Mi affascina l’idea di sollecitare tutti i sensi.

Un’altra zona importante per te é Berlino, cui hai dedicato il libro Nessuna voce dentro. Che tipo di gestazione ha avuto quell’opera e quali sono i luoghi che più ti affascinano di quella città?

Una lunga gestazione, se consideriamo che dal primo viaggio al libro sono
trascorsi quasi quarant’anni. Berlino è sempre presente in me, in quella città ho appreso come vivere, anzi, come volevo vivere, mi ha regalato gioie profondissime, turbamenti e momenti di sconforto assoluto. La ringrazio per questo, la sento simile alla mia essenza. Tanto che i luoghi che più amo sono i rimasugli dell’est, quelli che mi riportano al ‘900 che è il mio secolo di appartenenza. Sono i luoghi severi, composti, silenziosi, gravidi di storia
e di storie.

Il trailer

Come ricordi oggi il periodo CCCP e quello CSI? Ti riconosci come fonte d’ispirazione per molte band?

Periodi di grande tumulto e creatività, indimenticabili e pesantissimi, ma
quei momenti sono stati le colonne della mia vita. Sono molto riconoscente a chi li ha condivisi con me, anche se ci siamo letteralmente scannati tra noi per imporre le nostre ragioni. È valsa la pena. È stato un periodo di grande onestà dissennata, portata all’estremo, ci siamo sempre liquefatti nei momenti di maggior gloria. Non ci siamo mai trattenuti o nascosti, né seguito cronache o mode del periodo. Per questo forse ancora oggi c’è così tanto affetto verso di noi.

Che tipo di ascolti e di fruizioni artistiche caratterizzano le tue giornate negli ultimi mesi, specie da quando c’è questo lockdown?

Inaspettatamente leggo meno e ascolto pochissima musica, ne ho approfittato per dare una svolta decisa a un libro in corso e a mettere giù idee per un nuovo CD. Ma più che altro ho lavorato in esterno, tar i boschi e i campi, in un silenzio impressionante dove neanche più gli aerei invadono il cielo.

Video-intervista con ANDREA FERRO dei LACUNA COIL

Voce, insieme al Cristina Scabbia, di una delle metal band italiane più conosciute, qui e all’estero. Stiamo parlando di Andrea Ferro, che con i Lacuna Coil ha vissuto molte esperienze, che ha qui raccontato…

video-intervista di Massimiliano Sebastiani

Guarda ora la video-intervista

Da NOTRE DAME a THE VOICE con una grazia sconfinata: l’intervista a ILARIA DE ANGELIS

Ilaria De Angelis è l’interprete di Notre dame de Parìs, certo, ma non solo. Conosciuta dal pubblico generalista attraverso The Voice, la cantante e attrice ha al suo attivo Jekyll & Hyde ed altri grandi musical. A questi si aggiungono alcuni ruoli televisivi, tra i quali Un posto al sole. L’intervista è effettuata in collaborazione con Eventsmaybe e la trasmissione “Quattro chiacchiere con…” di Marco Biasetti.

La video-intervista ad Ilaria De Angelis

intervista di Angela Volpe

Ilaria, tu sei entrata da giovanissima nel mondo dello spettacolo e hai avuto le più svariate esperienze, dalla recitazione agli spettacoli televisivi, musical, opera ecc… quale ricordi come più formativa?

Molto bella questa domanda, anche se faccio sempre fatica a rispondere. Sicuramente come impatto di palcoscenico e di scenario artistico Notre Dame de Paris è stata la prima esperienza veramente importante e grande, che ho fatto per più tempo. È lo spettacolo di cui ho fatto più repliche in assoluto, perciò è un’esperienza a cui sono tanto legata.

Un momento di Notre Dame

Ti ho vista sul palco dell’Arena di Verona con Notre Dame de Paris nei panni di Fiordaliso, ed eri già una cantante ad altissimo livello. Qualche anno dopo hai partecipato alla prima edizione di The Voice of Italy. Quali sono state le motivazioni che ti hanno spinta a partecipare? Ti è stato utile?

Ricordo l’esperienza a The Voice come diversa dalle altre cose che ho vissuto artisticamente. A The Voice sono capitata per caso, non ne conoscevo l’esistenza, all’epoca era diffuso all’estero e mi era capitato di vedere il meccanismo dei giudici di spalle, ma non sapevo che stesse arrivando in Italia e che stessero facendo i provini. In quel periodo non l’avevano pubblicizzato su larga scala, perciò erano alla ricerca di cantanti e una collega che aveva un progetto discografico all’attivo da far conoscere mi ha menzionata. Quando me ne ha parlato sono caduta dalle nuvole perché da una parte ne riconoscevo il valore, cioè la possibilità di farsi ascoltare senza che nessuno sappia cosa hai fatto prima, senza essere influenzati da quello che poteva essere il background (anche se gli autori e la redazione intervistano i partecipanti prima di arrivare davanti alle telecamere, perciò conoscono bene il tuo curriculum). Essere presentata al pubblico solo per come canto e non per quello che avevo fatto in precedenza per me era una bella sfida, che forse non è capitata in un periodo ideale, perché in quel momento non stavo preparando qualcosa di discografico quindi è stata un po’ un’occasione buttata via. Quando vai a un talent, pur con tutte le qualità che ti sono state riconosciute, è un peccato non avere un progetto o un’idea ben chiara di quello che stai proponendo. Però sono stata comunque contenta di aver fatto questa esperienza e di essermi misurata con quel tipo di programma.

Consiglieresti questa strada a chi vuole entrare nel mondo della musica?

Mi sento di dire che, se non per qualche progetto indipendente con qualche etichetta che lavora bene alle spalle, non vedo tante altre vie. Sono un po’ di anni che le case discografiche hanno poche possibilità di investimento a livello mediatico. e quindi il talent ti offre la possibilità di tagliare questi costi. Se se ne può fare a meno forse è meglio, perché non tutti abbiamo un carattere adatto per la tv. Occorre sapersi porre nel modo giusto e non tutti sono a proprio agio di fronte alla telecamere. Riconosco comunque che i talent sono una bella vetrina.

Nel 2000 sei stata tra le concorrenti di Miss Italia, quanto pensi che la tua bellezza abbia influenzato in modo positivo o negativo la tua carriera professionale?

All’epoca non c’erano i talent o dei programmi dove potersi proporre, se non la classica strada a Sanremo, o altri concorsi che non sempre avevano una credibilità. Ero attratta dalla televisione, dal potermi esprimere a 360 gradi, perciò ho utilizzato anche questa possibilità che però non era proprio adatta a me; me ne sono accorta quando ero già in trasmissione. Le esperienze servono anche per capire cosa va bene e cosa no. L’immagine, per me, più che una questione di estetica è una questione di coerenza: deve esserci una corrispondenza tra il tuo lato artistico e la tua immagine, per me è molto importante. In alcuni ruoli che mi sono trovata a ricoprire a teatro o nei musical era richiesto un certo tipo di estetica, alcune caratteristiche fisiche.

Fra tutte le persone che hai conosciuto nel mondo dello spettacolo, ce n’è una che ti ha ispirata o che è stata particolarmente importante per te, a livello umano e professionale?

Se ho davanti qualcuno che mi può insegnare qualcosa catturo tutto molto volentieri e ne faccio tesoro. Ho conosciuto tantissime persone non solo in campo musicale o attoriale, ma anche registi, redattori, truccatori, parrucchieri e le varie maestranze. Ho cercato di apprendere qualcosa di utile da ognuno.

Ti è rimasto un sogno nel cassetto?

Ne ho più di uno, ma sicuramente in questo momento uno dei miei sogni è scrivere uno spettacolo tutto mio e poterlo anche dirigere, visto che da un po’ di anni mi sono data alla regia. Mi piacerebbe un musical stile off Broadway, quindi pochi attori, o pochi cantanti/attori, magari anche della musica dal vivo, che ormai sta un po’ scarseggiando e mi dispiace molto. Uno spettacolo dove ci sia recitazione e canto con una storia emozionante, con una messa in scena che non abbia bisogno di grandi palcoscenici o grande platee, che possa essere visibile anche in teatri più piccoli.

La De Angelis in Casanova

Se potessi scegliere un qualsiasi artista che lavorasse nel tuo spettacolo, chi sarebbe e perché?

Io avrei pescato fra i miei colleghi, ho conosciuto persone con cui mi sono trovata molto bene, ad esempio Cristian Ruiz, che è un bravissimo performer o Francesco Antimiani. Conosco anche molte donne brave che potrei coinvolgere. Famosi non saprei, potrebbe essere Giancarlo Giannini, ma ce ne sono tanti altri, dipende da chi riuscirebbe ad adattarsi meglio alla storia.

C’è un’esperienza che non rifaresti? Perchè?

Senza voler rinnegare le mie scelte sbagliate, credo che non finirei l’università, perché sento di aver perso un po’ di tempo, sento che in quegli anni avrei potuto fare qualcos’altro più inerente al mio settore. Ho iniziato in punta di piedi a entrare nel mondo dello spettacolo e ci ho messo un po’ a capire che non era solo una passione, che avrei potuto vivere di questo. Forse ci ho pensato un po’ troppo, per testardaggine o eccesso di prudenza ho voluto finire gli studi perdendo un po’ di occasioni. Magari ci sono degli spettacoli che avrei potuto non fare, ma si impara dagli errori e va bene così.

Dentro o fuori

Blues o Funky

E’ difficile questa, dirò funky non tanto per un gusto musicale ma perchè quando ho iniziato ad affacciarmi al mondo della musica era il genere predominante, collegato al tiro, al groove. Non rinnego il blues, però il funky mi ricorda le origini, quello che mi capitava di cantare con le prime band e mi ha dato versatilità.

Spielberg o Tarantino

Amo tutti e due, adoro Spielberg ma mi sento più Tarantino, lo dico con umiltà, tra i due personaggi forse mi sento più simile a quel tipo di visione del mondo.

Fiordaliso o Esmeralda

Ho interpretato Fiordaliso, ma facevo il tifo per Esmeralda, che sicuramente è l’eroina dello spettacolo.

Fisico o digitale

Digitale, sposo le tecnologie attuali.

Brad Pitt o Giuseppe Conte

Brad Pitt tutta la vita! Riconosco che abbiamo un premier affascinante, lo trovo una persona molto raffinata ed elegante, ma Brad Pitt è un parametro di bellezza e fascino che non teme il tempo.

Ti ringrazio tantissimo Ilaria per la tua disponibilità e ti auguro il meglio per la tua carriera.

Grazie a voi, buona quarantena e speriamo di poter tornare presto a una normalità con maggiore consapevolezza.

Intervista al Ceo di LIQUID DEATH, l’acqua in lattina che uccide la sete, la plastica e inserisce gli haters in un vinile death metal da 12″

Liquid Death proviene da una sorgente sotterranea di montagna profonda alcune centinaia di piedi sotto la pietra. L’acqua viene prelevata direttamente dalla sorgente e viene inserita direttamente in lattine dopo un processo di purificazione che mantiene al 100% il profilo minerale originale dell’acqua.

Questa è la descrizione seria. Ma gli slogan che mi hanno spinto a fare questa intervista sono cose come “Uccidi la sete”, “Morte alla plastica”. Il tutto accompagnato da un immaginario punk e metal, con video talmente eccessivi da essere diventati già di culto. Eccone un esempio!

Uno dei video pubblicitari di Liquid Death

Ed ecco l’intervista che ho fatto con Michael Cessario, che dalla sua cucina a Los Angeles mi ha dato l’opportunità di capire meglio l’idea che ha generato questa geniale trovata che, ricordiamolo, non è fine a sè stessa, bensì messa al servizio di un prodotto che deve essere venduto.

di Francesco Bommartini

Cessario è un cognome italiano?

Sì, lo è. Mio nonno era calabrese, mia nonna siciliana.

Perché hai scelto il nome Liquid Death?

Il nome è divertente. Ho un background nel marketing e ho sempre osservato con curiosità tutte le bevande energetiche e le cose che sono tradizionalmente commercializzate per il tipo di cultura giovanile.  C’è Monster Energy, e c’è Red Bull, e c’è Rockstar in Hampton, Pitbull, tutti questi nomi folli! Ma alla fine tutta quella roba è per lo più acqua con un po’ di zucchero, e un po’ di caffeina. Gli stessi ingredienti che mia nonna usava a colazione. Ma hanno messo questo involucro pazzesco intorno al prodotto, così abbiamo pensato che sarebbe stato divertente fare la stessa cosa con l’acqua. Ma facendo un passo avanti, in modo da renderci conto che non ci stiamo prendendo sul serio e anzi stiamo prendendo in giro l’estrema commercializzazione di bevande energetiche e tutto quel genere di cose. Si chiama Liquid Death perché è divertente pensare che niente è meglio di una lattina di acqua fredda per uccidere la tua sete. L’altra questione riguarda la morte della sostenibilità inflitta dalla plastica, eliminarla è la nostra missione. Vogliamo sbarazzarci delle bottiglie di plastica. Le lattine di alluminio sono infinitamente più riciclabili.

La video-intervista esclusiva con il Ceo di Liquid Death

In Italia è davvero strano sapere che esiste acqua in lattina. Ma la cosa che  mi colpisce davvero è la sezione “About Us” del sito, dove si parla del fatto che tutto ciò sia “non necessario”… Voglio capire: cosa vuoi dire esattamente?

Cosa pensi delle cose che sono necessarie? Io penso che, soprattutto nel marketing o nel branding, siano prese molto letteralmente. Ma al di fuori del marketing le persone non pensano in questo modo. Se pensi ai momenti più divertenti e memorabili rimano con qualcosa di completamente inutile. Non è necessario saltare da una scogliera di 50 piedi nell’oceano, ma è divertente. Non è necessario guidare una moto attraverso una montagna tortuosa, anzi è pericoloso, ma divertente. Le cose necessarie sono come andare dal dentista, respirare. Quando la gente guarda quello che faccio dice  “wow!”. Il divertimento è come la magia, si può spingere roba al di là di ciò che ci si aspetta. Penso che sia quello che intendiamo con il termine “inutile”.

Che tipo di acqua bevevi prima dell’arrivo della Liquid Death?

Ho bevuto un sacco di diversi tipi di acqua. L’acqua in bottiglia è stato uno dei motivi per cui ho voluto creare Liquid Death, insieme al fatto di essere cresciuto suonando in una punk rock e in heavy metal band. Da giovane non bevevo soda, ho mangiato vegetariano per un sacco di tempo nonostante non sia vegetariano. Le aziende di acqua non hanno mai parlato in modo divertente alla cultura giovanile. Tutte le cose malsane, come bevande energetiche e birra e soda, sono commercializzate come qualcosa di davvero divertente ed esilarante. Ma le cose sane non sono commercializzati nello stesso modo. Quindi ho preso l’acqua, qualcosa che ho bevuto per tutto il tempo e che la maggior parte delle persone non beve abbastanza (almeno negli Stati Uniti), e l’ho resa più divertente. La gente pensa all’acqua in bottiglia come ad una questione utilitaristica, come “Ok, la bevo al lavoro perché mi dovrei idratare” o “La bevo in palestra” per lo stesso motivo, Ma non si parla con qualcuno dicendo che quello che ti piace bere quando vai al bar è…l’acqua. Stiamo cercando di rendere l’acqua un bene da consumare anche in occasioni di festa. Quando le persone sono a una festa o a un concerto e non vogliono bere alcolici potrebbero sentirsi più a loro agio tenendo in mano una lattina come quelle di Liquid Death. Idem se hai bevuto tre drink e vuoi fare una pausa, puoi cadere in piedi con Liquid Death e non ti sentirai strano in quegli ambienti.

Yeah, in questo modo cerchi di rendere l’acqua più cool.

Sure. Cool è una parola molto ampia. Penso che ci siano dei legami mentali che le persone fanno con abitudini e prodotti. Quando ho un raffreddore il cervello mi sta dicendo che non sto bene e che mi sta succedendo qualcosa di brutto, e succede anche per l’acqua, mentre birra o soda sono socialmente accettate. E’ strano bere acqua da una lattina, perché le persone si aspettano che dentro la lattina ci sia birra o soda, quindi è quasi come stessimo cercando di spingere la gente a ingannare le loro menti, facendo qualcosa di brutto per spingere a qualcosa che è davvero sano.

“Murder your thist” è il primo claim della campagna di marketing sul sito web. Mi spieghi le radici dell’intera idea alla base della campagna di marketing?

Sure. La ragione per la quale la gente beve acqua non ha nulla a che fare con cose come “la sua acqua ha 5 elettroliti in più rispetto all’acqua successiva” o “il pH di quest’acqua è 7.4 invece di 7.7”. L’acqua è l’acqua. Per un sacco di gente alla fine la differenza la fanno marchio e packaging. Quindi la narrazione dietro il prodotto. Così abbiamo scelto come messaggio principale “l’omicidio della tua sete”, perché questa è la ragione principale per cui si beve acqua. E’ perché sei assetato. Altre marche di acqua puntano su piccole differenze a cui non pensiamo mai. Noi abbiamo deciso di puntare su qualcosa di semplice, abbiamo pensato che sarebbe stato “rinfrescante”. Non vogliamo inserirci nel filone delle altre marche, che si urlano contro per elettroliti e ph alcalino, tutte cose che la gente non capisce. Penso che il nostro sia solo un modo più pulito per spingere il nostro prodotto.

La plastica, una problematica da non sottovalutare

Greatest Hates è il nome dell’album death metal e del vinile 12 pollici legato alla vostra campagna di marketing. Chi ha selezionato i musicisti coinvolti e perché hai deciso di farlo?

Liquid Death è un marchio polarizzante. Ci sono persone che amano assolutamente il nostro marchio (tanto da tatuarselo, come hanno fatto oltre 30 persone che finora ci hanno inviato le pubblicazioni tramite social). Quando qualcuno ti ama così tanto ci sarà anche chi ti odia. Non è possibile avere solo amanti del tuo prodotto. Ci sono molte persone che ci lasciano ogni tipo di commenti negativi sui social media, dicendo cose come “mai sentito nome più stupido per l’acqua”, “fallirete entro tre mesi”… Tutti hanno un parere su internet, molti sono solo annoiati e vogliono parlare. Ma va bene anche se qualcuno di questi vede il nostro annuncio e si prende il tempo per commentare. Significa aver avuto dell’attenzione. Poi, a livello di branding, è importante sapere chi non sei, tanto quanto capire chi sei. Così abbiamo scoperto che possiamo giocare, celebrando i commenti negativi che arrivano sui social in una piccola tag line sarcastica. Quei post hanno prestazioni migliori di qualsiasi altro nostro post social. Le persone quasi si eccitano. Così, ad un certo punto abbiamo avuto l’idea di utilizzare questo tipo di recensioni negative per testi di un album heavy metal, perché è davvero musica arrabbiata, un po’ come certi commenti. Ho trovato il ragazzo che ha fatto la copertina dell’album, che è italiano e ha fatto altre copertine in passato per alcuni album metal piuttosto famosi.

Qual è la tua canzone preferita di Greatest Hates e quale l’hate comment più esilarante?

Le canzoni sono tutte abbastanza buone. Abbiamo fatto anche un video promo per il disco. Fire your marketing guy credo sia il mio pezzo preferito. Il commento più esilerante credo sia quello “non vedo l’ora di vederti falliti il prossimo mese”.

Il video promo per Greatest Hates

Quante persone lavorano in Liquid Death?

24 al momento. E’ nato tutto nel gennaio 2019.

Tutti amano il death metal in Liquid Death?

Credo di essere l’unico azienda che ama davvero il death metal. Penso che tutti apprezzino il metal e l’idea che Liquid Death sia legata ad un album death metal. Qualcuno pensa che il disco dovrebbe fare appello solo a chi ama il death metal, ma questo non è il caso. Penso che tutti apprezzino il tipo di umorismo e il divertimento del metal. E quando si sposa con un marchio d’acqua…non credo sia come per Nike quando gestisce uno spot con Tiger Woods per il Super Bowl. E’ come dire che quello spot è completamente inutile per chiunque non giochi a golf, che non è come tutti. Anche se non sei coinvolto con il tema principale si può apprezzare la sensazione che ti cresce per il marchio: “è divertente, mi piace questo marchio”. Così quando vado al negozio la prossima volta che voglio spender i miei dollari magari penserò a questa società, che mi ha fatto ridere.

Cosa pensi dei social media, anche riguardo gli odiatori?

Penso che tutti siano stanchi di essere giudicati su tutto quello che fanno nella vita. Ogni volta che pubblichi una foto del tuo pasto, di un raduno ecc stai dando un punto di vista e sei giudicato attraverso quanti like fai, e le persone possono commentare e dire cose come “questo è stupido, si dovrebbe fare quest’altro…”. Tutti hanno un’opinione su tutto. Possono dire che ti odiano, possono dire che ti amano. Di solito le persone sono più veloci a lasciare un commento negativo che non uno positivo. Chi se ne importa se la gente odia quello che stai mettendo su Internet. Va bene ci siano anche persone a cui non piace quello che stai facendo. La nostra reazione agli hater è proprio un modo per dire che siamo orgogliosi del fatto che non tutti ci amano. “Oh mio Dio, a qualcuno non piace” non è il tipo di pensiero che ho di solito.

Oltre ad essere il CEO di Liquid Death hai un passato come copywriter. Quali sono le caratteristiche di un buon copywriter?

Credo innanzitutto che debba essere in grado di utilizzare il linguaggio in modo coinvolgente. Penso che la gente si dimentichi che la persona media sta scorrendo attraverso un feed di Instagram e magari si imbatte in vari annunci, o che stanno scorrendo le mail…magari stanno guidando o sono in giro guardando il loro telefono. Bisogna pensare che il testo andrà su un cartello e deve ottenere attenzione. Penso che il linguaggio sia il solo modo potente per catturarla e vendere in due secondi quello che ti interessa. Perché è molto più difficile effettivamente fermare qualcuno per dirgli quello che penso. Quando sei in agenzia pensi a mille piccolezze, ma nel mondo normale nessuno si preoccupa di nessuna di queste cose che facciamo. Dobbiamo afferrare davvero qualcuno, e un buon copywriter è in grado di farlo con poche parole e pochi secondi.

Cessario è stato creativo per Stranger Things e House of Cards

Che tipo di esperienze passate hai portato in Liquid Death?

Ho preso molto dalla mia esperienza come direttore creativo e copywriter in pubblicità. Ho lavorato su circa 100 marchi diversi, da aziende automobilistiche ad aziende di pizza congelata, a Netflix. Dopo aver fatto migliaia di campagne pubblicitarie, sia per cose che funzionano che no, ho deciso di puntare su Liquid Death. Ovviamente inserendo un sacco di cultura, uno stile artistico e un tipo di umorismo.

Sai parlare un po’ di italiano? Sei venuto in Italia?

Non so parlare italiano ma sono venuto in vacanza in Italia molto tempo fa, quando avevo forse 21 o 22 anni. Ne compio 38 quest’anno. Io e mia moglie dove stiamo cercando di trovare il tempo per andare in Italia e visitarla meglio. Ho visto Capri ma sono molto interessato a vedere alcuni paesaggi del Nord, come le montagne.

Dentro o fuori

…alla fine del video!